Dialogo tra Marco Dezzi Bardeschi ed Enzo D'Angelo, Auditorium del Consiglio Regionale della Toscana, Firenze, 24.11.1995, 1ª Conferenza Internazionale sul Restauro.
Marco Dezzi Bardeschi parla della città come “opera aperta” con le sue stratificazioni e il patrimonio materico, un insieme che è monumento-documento da conservare, del rapporto con il progetto del nuovo che aggiunge storia senza toglierla, dell’antistoricità dei ripristini e delle ricostruzioni. L’architettura esistente è una risorsa collettiva complessa da conservare nella sua eterogeneità, senza diminuire ma aggiungendo, con una cultura del progetto e del riuso compatibile. Propone il tema della sopravvivenza del Moderno, che non nasconde fragilità nei materiali e non si mostra perenne come nelle sue premesse. Ma è da conservare con i segni del tempo. Senza restaurare e senza perdere la cultura materiale della fabbrica. Come invece è accaduto col disinvolto ripristino nel restauro del quartiere di Weißenhof a Stoccarda, complesso storico di edifici del Movimento Moderno. Tra i problemi egli cita quello burocratico della legge 1089, con la soglia dei 50 anni per poter considerare monumento da tutelare l’architettura moderna o contemporanea e la condizione che l’autore non sia vivente.
Enzo D’Angelo risponde con lo storico Edward Carr: « The line of demarcation between prehistoric and historical times is crossed when people cease to live only in the present, and become consciously interested both in their past and in their future ». E afferma: « La demarcazione temporale è irragionevole ». Cita Marc Bloch: « non c’è differenza tra passato e presente ». Dice: « Dov’erano il Rinascimento o il Barocco? Allora non c’erano! Gotico fu poi solo un dispregiativo di Leon Battista Alberti. Moderno e contemporaneo si inseguono si scavalcano e, quando si associano, tendono a scomparire nella percezione dei più, confusi o distratti. Lasciano facilmente spazio al passato più lontano, più identificabile, alla irrealistica quanto patetica memoria condivisa. La fabbrica del Moderno si è rivelata presto cagionevole, spesso risulta costruita con mattoni intonacati che devono manifestare un nuovo sistema costruttivo e si pone il quesito su come e cosa conservare. Le suggestioni progettuali del calcestruzzo e la sua deperibilità sono un tema attuale tanto per la conservazione come per il progetto».
Dezzi Bardeschi e D’Angelo evocano l’iniziale censura dopo la guerra del ventennio fascista e del Moderno, che si è via via allentata. Parlano di nuovi materiali, materiali autarchici, design, conservazione e progetto. Dezzi Bardeschi dice: «dobbiamo parlarne ancora». Da quel giorno inizia una serie di appuntamenti sulla conservazione dell’architettura che dura circa un decennio. (Dalla relazione di Riccardo Pantò)
Marco Dezzi Bardeschi
Enzo D’Angelo